“Guarita dall’anoressia grazie a specialisti privati. Per l’ospedale non ero grave”

“Guarita dall’anoressia grazie a specialisti privati. Per l’ospedale non ero grave”

“Guarita dall’anoressia grazie a specialisti privati. Per l’ospedale non ero grave”



«Ho iniziato a soffrire di anoressia atipica a 13 anni, con la prima dieta presa da una rivista. Fino ai 20 anni non mi sono mai concessa una pizza con gli amici. Ero atletica, eppure non riuscivo ad andare al mare senza un paio di pantaloncini. Da tutto questo ne sono uscita grazie al lavoro con una dietista, una psicologa e uno psichiatra. Tutti professionisti privati, perché nel pubblico, solo per il primo appuntamento, devi aspettare almeno nove mesi. E poi per l’ospedale più vicino a casa non ero abbastanza sottopeso». Dopo tanta sofferenza, tanto lavoro su se stessa, Giulia Boschis, una studentessa in Scienze internazionali di 22 anni, originaria di Almese, ha iniziato a vedere la luce in fondo al tunnel e ha deciso di mettere la sua esperienza al servizio degli altri. Con il gruppo “Scompaiono i confini del corpo” sensibilizza i coetanei per la cura dei disturbi alimentari, invita la politica «a investire fondi» ad hoc e «a far rientrare i disturbi alimentari nei livelli essenziali di assistenza» del sistema sanitario nazionale «come categoria autonoma».

Giulia, come si è evoluto il suo disturbo?

«Come ho detto, a 17 anni ho iniziato la prima dieta, che avevo letto su una rivista. Non la seguivo neanche alla lettera, perché eliminavo tutti i cibi che non mi piacevano. Così ho perso tanti chili in pochi mesi».

E poi?

«Sono andata avanti in questo modo per tre anni. A 21 anni ho iniziato a usare il cibo in modo diverso. Credevo di essere bulimica, in realtà ho scoperto dopo che non presentavo tutti i sintomi della bulimia».

Ha iniziato a voler dimagrire perché era in sovrappeso?

«Macché. Sono sempre stata una sportiva, già allora mi allenavo tutti i giorni in palestra, ho sempre avuto un fisico atletico. Pensavo di stare benissimo. Ricordo la prima seduta dalla prima psicologa, mi sono detta: “Ma io sto bene, che ci faccio qui?”».

A proposito di psicologi, quando ha iniziato ad approcciarsi agli specialisti?

«Durante il primo confinamento, nel 2020, i miei genitori si sono accorti che qualcosa non andava e abbiamo iniziato a cercare l’aiuto dei professionisti. È stato complicato, ne ho cambiati diversi, fino ad andare in cura contemporaneamente da una psicologa, uno psichiatra e una dietista. Ogni seduta costa dai 60 agli 80 euro. Senza i miei genitori non ce l’avrei mai fatta».

Aveva timore ad andare al mare in costume, ora ha deciso di esporsi pubblicamente per promuovere la cura dei disturbi alimentari.

«Meloni li ha definiti devianze. Non ha capito che di disturbi alimentari si muore. È fondamentale che la politica si faccia carico del problema, per questo la scorsa settimana siamo scesi in piazza».

Come è nata l’idea di aprire le pagine social “Scompaiono i confini del corpo”?

«Ho un amica che sospettavo soffrisse di disturbi alimentari anche se non me l’aveva mai detto. Un giorno gli ho inviato un testo che conservavo sulle note del cellulare: raccontavo quello che avevo passato in dieci anni di disturbi».

Morale?

«Volevo un parere, per capire se pubblicarlo sui social. Lui mi ha risposto che era bellissimo. E ha aggiunto: “Sappi che grazie a te starò meglio”. Questa cosa mi ha dato una carica pazzesca. Ho capito che se ero riuscita a far aprire lui, avrei potuto aiutare tante altre persone».



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-01-27 08:07:15 ,torino.repubblica.it

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